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Mutuo fondiario ed ipotecario: il problema dell’usura bancaria. Principi e rimedi.

Nella prassi ordinaria, molto spesso i rapporti tra cittadini ed imprese con gli istituti bancari nascono al fine di sottoscrivere un mutuo fondiario o un mutuo ipotecario.

La differenza tra le due forme di mutuo è piuttosto semplice.

Il mutuo fondiario è quello che viene concesso soloal fine di acquistare un immobile da adibire ad abitazione, ristrutturare una abitazione privata o costruirne una ex novo.

Può avere una durata da un minimo di 12 mesi ad un massimo di 30 anni, deve essere garantito da ipoteca e vi è un limite di finanziabilità pari all’80% del valore della abitazione.

Il mutuo ipotecario, invece, che è la forma più diffusa, può essere richiesto, e concesso, per molteplici finalità (per acquistare un immobile ma anche per estinguere un precedente mutuo), ha una durata dai 5 ai 30 anni e non vi sono limiti di finanziabilità.

In entrambe le ipotesi, uno degli aspetti più problematici riguarda indubbiamente la possibilità che la banca applichi tassi usurari sugli interessi maturati sui mutui concessi.

La normativa in tema di usura è piuttosto scarsa.

Il punto di riferimento è rappresentato dall’art. 644 del codice penale, articolo che è stato oggetto di una fondamentale modifica con la legge 108/96, la quale, oltre a novellare l’art. 644 c.p. che, ad oggi, contempla la fattispecie penale del reato di usura oggettiva (1° comma) e soggettiva (2° comma) ha abrogato l’art. 644 bis c.p. e modificato l’art. 1815, comma 2, del codice civile, il quale con riferimento proprio al contratto di mutuo, prevede la nullità̀ delle clausole relative ad interessi usurari, con conseguente venir meno del diritto del creditore alla riscossione degli interessi, laddove prima dell’entrata in vigore della legge 108/96, era previsto l’obbligo a carico del richiedente il mutuo di corrispondere gli interessi nella misura legale.

Al riguardo è fondamentale citare due importanti sentenze della Cassazione.

La prima è la sentenza n. 24675/17, che ha contemplato la fattispecie dell’usura sopravvenuta in relazione ai mutui sottoscritti prima e dopo la novella introdotta dalla legge 108/96 sopra citata.

Secondo la previgente normativa, il reato dell’usura era legato al criterio, soggettivo, dell’approfittamento dello stato di bisogno di un soggetto, al quale venivano imposti interessi o altri vantaggi usurari, senza però che venisse richiesto alcun parametro “certo” sulla cui base valutare la natura usuraria o meno degli interessi. La sussistenza o meno dello stato di bisogno era quindi rimessa alla discrezionalità dei magistrati.

A seguito della modifica all’art. 644 c.p. disposta dalla legge 108/96, viene introdotto invece un criterio oggettivo per qualificare un tasso come usurario, svincolandolo pertanto dal concetto, fluido e variabile, dell’approfittamento dello stato di bisogno. E’usurario quell’interesse che supera la soglia stabilita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ogni tre mesi.

Non solo.

L’art. 644 c.p. al terzo comma, prevede un aggravamento di pena qualora l’usura sia commessa da una banca o da un istituto di intermediazione finanziaria (c.d. usura bancaria).

Ebbene, la sentenza richiamata ha sancito un principio importante, ovvero che la normativa modificata non si applica ai rapporti pendenti al momento dell’entrata in vigore della legge 108/96, rapporti cui si applica pertanto la vecchia disciplina.

E si tratta si una differenza di non poca importanza pratica, stante il dato di fatto che, essendo spesso i mutui di durata trentennale, ad oggi sono ancora vigenti mutui sottoscritti ante riforma.

La seconda sentenza di rilievo è recente, essendo la n. 19597/20, sull’usura dei tassi fondiari.

Sulla base della suddetta sentenza, in caso di usura degli interessi moratori si applica l’art. 1815, comma 2, c.c., onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224, comma 1, c.c., con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamentepattuiti.
Questo è uno degli aspetti di maggior rilievo dato che la non debenza degli interessi di mora inciderà solo per alcuni periodo del rapporto, mentre gli interessi convenuti avranno un impatto maggiore, applicandosi per tutta la durata del contratto.
La Cassazione da ultimo evidenzia che anche in corso di rapporto sussiste l’interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell’accordo.

Ma in concreto, qualora il soggetto finanziato ritenga siano stati applicati a suo carico interessi di natura usuraria, cosa può fare da un punto di vista civilistico?

  1. Il primo passo è rivolgersi ad un esperto che rediga una perizia contabile con la quale venga evidenziata la natura usuraria del tasso applicato al mutuo
  2. Dopodichè è obbligatorio avanzare formale reclamo all’istituto Bancario, il quale deve rispondere entro 30 giorni
  3. Nel caso la proposizione del reclamo non porti ad alcun esito positivo, occorre esperire il tentativo obbligatorio di mediazione presso il competente organismo di conciliazione
  4. L’ultimo passo, laddove anche la mediazione non porti al alcun risultato, sarà possibile fare causa per l’accertamento e la declaratoria degli interessi usurari applicati.

Per qualsiasi chiarimento o approfondimento è possibile contattare lo Studio legale Bruni – Manigrasso