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La liquidazione della quota societaria. Cosa succede quando si scioglie il vincolo sociale relativamente ad un socio? Che problematiche si devono affrontare in merito alla liquidazione della quota del socio che non fa più parte della società?

A volte i soci di una società decidono di sciogliere il vincolo sociale per svariati motivi.

I casi di scoglimento del vincolo sociale previsti dalla nostra noramtiva sono: il recesso di un socio, la morte di un socio oppure l’esclusione del socio.

In questi casi, nasce in capo al socio uscente o agli eredi del socio defunto il diritto alla liquidazione della quota.

Tale diritto si configura come un diritto di credito (credito di valuta) che è soggetto al principio nominalistico di cui all’art.1277 cc. Su tale configurazione, la Suprema Corte ha precisato anche che, essendo un credito di valuta: “la svalutazione monetaria assume rilevanza quando, non essendo avvenuto l’adempimento entro sei mesi previsto dall’ultimo comma dell’art.2289 cc, diventino applicabili i principi sul risarcimento del danno conseguente alla mora del debitore” (Cass. Sentenza n. 5647/1994)

L’obbligo di liquidare la quota fa capo, naturalmente, alla società e non ai singoli soci che permangono, considerato che la società è un soggetto di diritto ed è titolare di un autonomo patrimonio.

In caso si scioglimento del vincolo sociale, il problema principale che si pone è di quantificare, in termini monetari, la quota del socio uscente e quindi di liquidare l’ammontare dovuto.

Proprio sulla quantificazione dell’ammontare molto spesso si litiga con il socio uscente e/o con gli eredi (nel caso di morte del socio) e ci si vede costretti, in caso di non accordo, a subire un processo civile per la liquidazine di tutto.

Il problema che si pone è quali parametri di riferimento adottare per la quantificazione delle quote del socio uscente.

La disciplina è contenuta nell’art. 2289 del codice civile che sancisce che “nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota. La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime.

In altri termini, per la valutazione della quota si dovrà procedere alla redazione di un bilancio ad hoc alla data di uscita del socio che tenga conto della quota nominale del conferimento in società alla data di costituzione della stessa oltre alla partecipazione degli utili nell’esercizio nel corso del quale il socio non fa parte più della società.

Su questa problmeatica si sono evoluti diversi orientamenti giurisprudenziali; ma, da ultimo, l’orientamente più consolidato (Cass. Sentenza n.5449/2015) ha chiarito che: “In una società di persone, la situazione patrimoniale da assumere, ai sensi dell’art. 2289 cod. civ., a base della liquidazione della quota di un socio uscente non può essere redatta – a differenza di quanto si pratica in caso di recesso da una società per azioni – facendo riferimento all’ultimo bilancio o, comunque, ai criteri di redazione del bilancio annuale di esercizio, ma occorre tener conto dell’effettiva consistenza al momento della uscita del socio, sicché, ai fini della determinazione del valore dell’avviamento – la cui rilevanza, quale elemento del patrimonio sociale, si proietta nel futuro, traducendosi nella probabilità, pur fondata su elementi presenti e passati, di maggiori profitti per i soci superstiti -, vanno considerati non solo i risultati economici della gestione passata ma anche le prudenti previsioni della futura redditività dell’azienda.”

Tale orientamento consolida quanto sostenuto in precedenza dalla Suprema Corte che con sentenza n. 7595/1993 stabiliva che “Nel caso di recesso di socio di società di persone, per il calcolo della liquidazione della quota, a norma dell’art. 2289, secondo comma, c.c., deve tenersi conto dell’effettiva consistenza economica dell’azienda sociale all’epoca dello scioglimento del rapporto, comprendendovi anche il fattore di redditività dell’azienda stessa. Tale redditività, in cui si sostanzia il concetto di avviamento, deriva da un complesso di elementi che, se pure cronologicamente attualizzati al momento dello scioglimento del rapporto, si fondano sui risultati economici delle passate gestioni e sulle prudenti previsioni dei futuri rendimenti e si traduce nella probabilità, proiettata eminentemente nel futuro, di maggiori profitti per i soci superstiti, derivati dall’apporto conferito dal socio recedente e consolidatosi come componente del patrimonio sociale.”.

Sarà quindi necessario procedere al calcolo della quota spettante al socio recedente e/o escluso e/o morto, comprensivo anche di quanto maturato o maturando non ancora pagato, sulla base della disciplina normativa di cui all’art. 2289 c.c. che , al suo secondo comma, prevede che “la liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento”.

In altri termini, gli elementi che concorrono per la determinazione dell’ammontare della quota vi sono gli utili, le perdite sulle ioperazioni in corso (vd art.2289 III comma cc) nonche il valore dell’avviamento (positivo o negativo).

Quest’ultimo dato è di notevole importanza in quanto se non riconosciuto al socio uscente si configurerebbe un ingiusto arricchimento per i soci rimanenti.

Naturalmente, quanto sopra descritto, è per sommi capi. Per ulteriori approfondimenti, non esitate a contattare lo Studio legale Bruni Manigrasso sito in Firenze, in Via dei Della Robbia n. 100 e in Via Vittorio Emanuele II n. 247.